Ecco l’Aprile (il lamento del carcerato)

(inf. Gino Gigli)

Ecco l’Aprile il fiore della vita
e l’aria è piena di soavi odor
vedo laggiù tra l’erbetta rifiorita
quelli che si amano di un immenso amor.
Io amo degli augelli il gorgheggiar
sugli alberi e sulla verdura
amo col piede calpestar
i prodotti della natura
ma quando scorgo quel sentier
che mi conduce dove bramo
tutti i miei sogni e i miei pensier
volano verso colei che amo.
Ecco l’estate il caldo è soffocante
nelle officine il bravo lavorator
pien di fatica e di sudor grondante
mentre il borghese sprezza questo sudor.
Io dei martelli amo il martellar
sull’incudine dell’officina
amo del gallo il salutar
con la sua sveglia mattutina
e sento nel mio cuor
una forte armonia
quello che sento non so cos’è
so ben d’amarla alla follia.
Cade la neve nel freddo invernale
vedo sui tetti camini a fumar
il focolare riscalda assai male
tutto è silenzio fuori che nel mar.
Amo del fulmine il ritornar
sopra lo scoglio che l’arresta
amo dei tuoni il rumoreggiar
quando si scopre la tempesta
ma quando leggo nel suo cuor
che più non mi ama come prima
mi affliggo nel dolor
dopo i miei sogni alla mattina.
Ed ora chiuso in questa oscura cella
dimenticato da colei che amo ancor
se ci ripenso mi manca la favella
ed il ricordo mi rattrista ognor.
E nella notte amo ascoltar
il grido della sentinella
amo la luna salutar
quando rischiara la mia cella
ma quando penso all’avvenir
alla mia libertà perduta
vorrei baciarla e poi morir
mentr’ella dorme all’insaputa.